L’Anno giubilare che stiamo vivendo ci aiuta a riscoprire la profondità e l’autenticità della speranza, come capacità di sostare, con sguardo stupito e commosso, dinanzi all’opera di Dio che visita la complessità e la frammentarietà della storia. Questa tensione spirituale connota anche il Tempo di Quaresima. Nei quaranta giorni del cammino battesimale e penitenziale che ci attendono, la Chiesa, popolo dell’esodo, compie un pellegrinaggio che culmina nell’incontro pasquale con Cristo, morto e risorto.

In quest’ottica, la Quaresima non è un tempo triste, ma un tempo favorevole di rinnovamento spirituale che con il digiuno, la carità e la preghiera ci sprona a non fondare la nostra speranza nelle illusioni effimere e fugaci, ma a radicarla nella pienezza e densità dell’amore di Dio, che «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16).

Il deserto quaresimale orienta i nostri passi al sepolcro vuoto, testimone eloquente della gioia della Pasqua e grembo fecondo di un mondo nuovo.

Anche l’Anno liturgico trova la sua sorgente nel mistero pasquale del Signore: se vogliamo comprendere la Quaresima che ci accingiamo ad iniziare, dobbiamo collocare la Pasqua del Signore non solo al termine del cammino, ma anche al suo inizio. È dal mistero pasquale, per mezzo dello Spirito, che la Chiesa riceve in dono gioiosa penitenza, vero digiuno e confidente preghiera; intensifica l’ascolto della Parola perché vi riconosce la voce del Signore risorto, suo pastore; desidera convertirsi per celebrare con spirito rinnovato e unirsi ancor più perfettamente al suo Signore e offrire se stessa al Padre, nell’esercizio della carità.

Giuseppe Baturi
Segretario Generale della CEI

 

Segretario Generale della CEI