Parrocchia di Laorca

Santi Pietro e Paolo

La storia di Laorca e della Parrocchia

Le grotte di Laorca e l'origine dell'insediamento

Un codice bibliotecario del Capitolo metropolitano di Milano, contiene la prima sicura testimonianza dell’esistenza dell’abitato di “Lavorcha”, con indicato come loco “Lavorcha di Leuco”, con presenza di famiglie dal tipico cognome tradizionale, Mazzucconi, Crotta, Ravizza, (de Mazuco, de Lacrota, de Ravitia), parte agricoltori, altri mercanti di lane e cereali. Qualche fucina da ferro era già in funzione (la fucina degli eredi di Pietro Buscaglia, che gli Statuti di Lecco ricordano, può essere identificata nella Fucina per antonomasia). Essa apparteneva probabilmente ai Crotta, da Pasturo, dove il nome era già diffuso. Si deve pensare che la primitiva strada della Valsassina non passasse da Laorca, ma dalla valle di Bonacina, dove si trova l’ospizio per viandanti dedicato a sant’Egidio. Diventa importante la direttrice Lecco-Valsassina quando le miniere della Valsassina e della Valtorta iniziarono ad essere sfruttate.

L’agglomerato di Laorca era certo legato anche al bosco e al pascolo, dopo che gli Statuti permetterono di tenervi pecore e capre. L’attività agricola si sviluppa anche a Malavedo, dove i Crotta tenevano delle cascine. Laorca costituiva allora una delle “vicinanze” di Lecco, unica comunità governata dal Consiglio dei Cento, ma che prevedeva una certa autonomia locale: la vicinanza aveva un proprio console con compiti di controllo della popolazione e del lavoro, e un campario che manteneva l’integrità delle terre e segnalava i danneggiamenti all’interno del territorio. A Laorca troviamo dai 16 ai 20 rappresentanti, che parrebbero far corrispondere la popolazione a 25-35 famiglie; tra loro compare il “consul vizinantie” che era Bernardino Ravvisa negoziante, come appare anche Antonello Mazzucconi della diffusa famiglia, forse originaria da una perduta località lecchese indicata nel 1415 come Mazucho. Si osservano allora già ramificate parentele laorchesi dei Mazzucconi, dei Bellavia, dei Barono, Traiti, Crotta, a volte distinti attraverso soprannomi, Malacria, Bombarda Mazè Signorini, Brunetto. Nella seconda metà del 500 si assiste ad una ripresa economica considerevole, dovuta alla forte domanda straniera di prodotti. Nel nostro territorio le imprese artigianali crebbero, a discapito di quelle agricole, che divenne presso e proprio Rancio e S.Giovanni, il lavoro di metà tempo accanto a quello delle officine che vanno ad impiantarsi sulle rive del Gerenzone.

E proprio in questa valle si nota usualmente in quei decenni una notevole immigrazione dalle valli alpine e dalla bergamasca, in genere operai; però vi sono maestri stranieri , il Nocente di Bordogna alla Fucina tiraferro e gente forestiera sembrano i ferrai Francalini, il Caldiroli ferraro e un Manzoni forse valsassinese. Il settore preponderante è quello del ferro, sopratutto nella lavorazione del filo di ferro: nel 1578 si annotano ben 91 addetti, oltre a 5 mercanti, che sono la parte preponderante del settore nella città; e i capi famiglia sono da 60 a 70, impegnati nelle loro piccole imprese familiari. Nel 1565 si scoprì che anche Laorca, come molti luoghi, era priva di un prete, benché gli abitanti stessero raccogliendo soldi per un eventuale curato. L’interesse del paese si rese concreto nella ricostruzione della chiesa di San Pietro, iniziata nel 1594 e protratta fino al 1616 benché la sua consacrazione, insieme con la colonna calcarea, che sorge sulla piazza, sia avvenuta solo nel 1628. I Sindaci di Laorca, avevano più volte chiesto di avere in luogo una vera parrocchia, per ovviare alla continua successione di cappellani curati, spesso assorbiti da altre incombenze. Benché non fosse stata tappa dei Lanzichenecchi, anche Laorca fu subito preda della grande peste. Nel novembre 1629 quando il borgo di Lecco era ancora salvo, al prevosto toccò scrivere con rabbia e con paura che a Ballabio era già morte 156 persone, 67 a Chiuso, 45 a Malavedo, più di quante ne contasse al visitatore della Sanità, il dottor Tadino, e che alla Bonacina, ad Olate, a Laorca “a quest’ora son già quasi tutti morti”. Nel 1649 la popolazione di Laorca chiese di costruire una cappella presso la chiesa di san Giovanni ai Morti, dove dl 1632 vi era un cimitero, per raccogliere i poveri resti che riempivano le due sepolture della parrocchiale e che erano dispersi in vari fopponi. E’ l’ossario che man mano raccolse le vittime di tante epidemie. Divenne poi nel 1920 monumento ai Caduti. Il paese visse dopo la peste ancora molti giorni difficili. Nel 1636 fu quasi distrutto l’intero complesso delle fucine della Vallata. Il lavoro non era però florido. Mancava il minerale della Valsassina, anche se verso il 1676 riprendevano le ricerche. Sorretta da privilegi fiscali l’impresa Busca e Pedrotti scavarono una cava di piombo sopra Pomedo verso il col de Luf, con scarsi risultati. La comunità si era per di più andata spezzando in tre diversi Comuni: Laorca, Malavedo e Pomerio. Le terre erano piuttosto povere con qualche ronchio e aratorio tenuto a vite nella sola zona di Pomedo; ma la siccità o le tempeste facevano perdere una buona metà del già scarso raccolto. Le fucine erano ancora il patrimonio maggiore, insieme ai molini. Le officine di Laorca erano otto nel 1756, oltre alla sei di Malavedo; ma nel 1769 il visitatore governativo La Tour trova quattro magli e diciannove trafilerie, che impiegavano per lo più semi lavorati e producevano il tipico filo di ferro: bordione, filo e chiodi erano esportati specialmente a Torino e Venezia. La ricchezza dell’acqua e la complessità degli impianti davano ormai a Laorca un posto preminente nella situazione industriale lecchese.

Con andamento irregolare, crebbe la popolazione, mantenendosi poi alla fine del secolo sopra la soglia delle seicento persone, concentrata lungo il corso del fiume e particolarmente a Malavedo, che di espanse verso la Casa Nuova dei Crotta, detta poi la Chà, e intorno alla chiesetta di sant’Antonio, che sorgeva in fregio alla Regia Via Valsassina. Sia aggiungevano lentamente nuovi cognomi, Todeschini, de Battisti, Fumagalli, a Malavedo. Colombo, Aondio, Morgate alla Fucina, Corti, Mazzola e Baggioli al Prato, Gezzi, Rizzi, Dell’Oro, Galbusera a Laorca, Nava e Anghileri a Pomerio. Il segno del benessere doveva toccare anche la Parrocchiale; già restaurata nel 1691, pavimentata nei primi decenni del ‘700 e abbellita di un marmoreo altar maggiore, risaltò agli occhi del cardinale PozzoBonelli, mentre le decorazioni sono da attribuire a Luigi TagliaFerri pagnomese e al bergamasco Antonio Sibella.

A quest’ultimo appartengono probabilmente le due scene laterali al presbiterio, Cristo che caccia dal tempio i mercanti e il festoso ingresso in Gerusalemme. Al Tagliaferri sono assegnati l’affresco del battistero e lo sfondo dell’abside, in cui campeggiano i dottori della chiesa ai cui lati Antonio abate si destreggia tra diavoli e Rocco si abbevera alla fonte. Negli stessi anni veniva ingrandito il cimitero, con la costruzione anche della gradinata d’accesso fincheggiata dalle cappelle della Via Crucis erette nel 1765, ridipinte nel 1919 da Luigi Tagliaferri junior.

Laorca aveva acquisito una certa rinomanza per la grotta e le “altre tradizioni di miracoli operate nel luogo ove esiste il cimitero”.Grande era il concorso di popolo dai comuni bergamaschi e brianzoli e fin da Varese, al tempo della raccolta dei bigatti e specialmente al principio di giugno verso la festa del Battista, che alcuni semplici credevano avesse abitato dentro questo antro. Lo stillicidio del roccione sovrastante è raccolto in un’antica vaschetta di pietra vicino alle ultime cappelle della Via Crucis; per lunga tradizione i fedeli si segnano e bagnano più volte gli occhi ammalati con quest’acqua ritenuta miracolosa. La chiesetta san Giovanni oggi non è più frequentata come un tempo, quando si accendevano i falò durante il triduo del santo, oppure vi si trovavano a cantare i confratelli del Carmine. Oggi è il semplice e devoto interno dove spesso riposano gli ardimentosi giovani che le malfide rocce del san Martino e della Medale tradiscono. Il morbo del 1817, preceduto da una carestia che obbligò all’uso della quasi sconosciuta patata, non fece però vittime a Laorca. All’inizio di maggio, il popolo seguì un triduo in onore della B.V. del Carmelo e il nove maggio venne l’acqua che si portò via siccità e carestia. Il tessuto industriale della Vallata era sempre molto consistente, con oltre venti officine di lavorazione, cinquantaquattro fucine e quarantaquattro magli, altre botteghe di minuterie. L’avvocato e giudice apostolo descrive: “Il fragore delle acque della Fiumicella e del Gerenzone spumeggianti nelle artificiali cascate, i violenti e spessi colpi dei magli, le pareti affumicate, i forni ardenti e luccicanti attraverso alle fuligginose finestre, le brune e robuste figure degli abitanti, e lo strepitio de’ infinite officine da fabbri e da chiodajuli, il dialetto traente al bergamasco rende ben tosto avvertito il forestiero essere egli giunto nella Vallata”.

Nonostante la mancanza degli impianti, Laorca si palesa come un vero e proprio centro lavorativo che raccoglie manodopera dai comuni vicini. Al panorama produttivo si deve aggiungere la fornace di mattoni del Credèe e i vecchi molini, presso il fotanile e a Malavedo, presso i fratelli Bolis. Oggi forse è difficile, per chi transita (in coda) attraverso Laorca e per gli stessi suoi cittadini, riconoscere nella vallata, e fra le case i segni, l’intensa storia di uomini intraprendenti che hanno caratterizzato gli ultimi secoli. Queste note potranno aiutarci a riconoscere, al di là della Laorca di oggi, quella del nostro passato, dei nostri avi che hanno saputo trasmetterci la cultura delle officine e del sacrificio di chi lavorava la terra, la loro religiosità, il loro civismo, che non possiamo ricordare se non con gratitudine.

sec. XIV - 1757

Comune della riviera di Lecco, appartenne alla comunità della pieve di Lecco.

Negli estimi del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti fino al XVII secolo, Orca (Laorca) risulta inserita nella comunità di Lecco e nella riviera di Lecco (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano).

Secondo quanto riportato nelle risposte ai 45 quesiti della real giunta del censimento, nel 1751 Laorca era uno dei venti comuni, “fra loro separati per ragione di quota”, che costituivano la comunità generale di Lecco, allora infeudata al conte Marcellino Airoldi e sotto un solo giudice (podestà) feudale residente a Lecco; i confini tra i diversi comuni erano “confusi per non essere mai stati divisi li terreni”, e rimaneva soltanto separato l’estimo, godendo per il resto promiscuamente le venti comunità le proprietà comunali. Tutti i venti comuni componenti la comunità generale di Lecco avevano il loro consiglio particolare, che si riuniva in occasione della pubblicazione delle imposte, con l’intervento di tutto il popolo; ogni comune, oltre al sindaco e al console, aveva suoi deputati; l’amministrazione e la conservazione del comune, così come la vigilanza sulla giustizia dei riparti, restava incarico del sindaco, che ne rendeva conto al termine del mandato. Ogni comune aveva il suo particolare esattore, che pagava i carichi ordinari, di diaria e censo, e le spese locali spettanti al singolo comune (salario del sindaco, console, prebenda parrocchiale, manutenzione di chiese e straordinari, oltre alle spese della comunità generale) (Risposte ai 45 quesiti, 1751, Lecco).

Con la compartimentazione territoriale che seguì la riforma del governo dello stato di Milano del dicembre 1755, preceduta da una politica di aggregazione dei comuni delineata già nel 1753 (Indice pievi Stato di Milano, 1753), a Laorca fu aggregato Malvero.

1757 - 1797

Nel compartimento territoriale dello stato di Milano (editto 10 giugno 1757), il comune di Laorca con Malvero faceva parte della pieve di Lecco, compresa nella riviera di Lecco, nel ducato di Milano.
Nel 1771 il totale degli abitanti di Laorca, conteggiati in base alla giurisdizione parrocchiale, era di 630 unità (Statistica anime Lombardia, 1771).

In base al compartimento territoriale della Lombardia austriaca (editto 26 settembre 1786 c), il comune di Laorca con Malvero apparteneva alla pieve di Lecco, compresa nella riviera di Lecco, nella provincia di Como.

Nel 1791 Laorca venne inserita, con le altre comunità delle pievi di Lecco e Mandello e della Valtaleggio, nel distretto III di Lecco della provincia di Milano (Compartimento Lombardia, 1791).

Il comune di Laorca con Malvero, in forza della ripartizione del dipartimento della Montagna (legge 5 fiorile anno VI), fu compreso nel distretto I del Caldone con capoluogo Lecco. In base alla divisione del dipartimento del Serio (legge 5 vendemmiale anno VII), il comune di Laorca con Malvero fu inserito nel distretto III del Lago, ossia di Lecco.

Nell’assetto definitivo della repubblica cisalpina, determinato nel maggio del 1801 (legge 23 fiorile anno IX), Laorca con Malvero era uno dei comuni che costituivano il distretto IV di Lecco del dipartimento del Lario.

Nel nuovo piano di distrettuazione provvisoria del dipartimento del Lario, in esecuzione del decreto 14 novembre 1802, il comune di Laorca con Malvero venne ricollocato nel III distretto ex milanese con capoluogo Lecco (Quadro distretti dipartimento del Lario, 1802), nel quale fu confermato, come comune di III classe con 607 abitanti, nel 1803 (Elenco comuni dipartimento del Lario, 1803).

Con l’organizzazione del dipartimento del Lario nel regno d’Italia (decreto 8 giugno 1805 a), il comune di Laorca con Malvero venne ad appartenere al cantone I di Lecco del distretto IV di Lecco: comune di III classe, contava 676 abitanti.A seguito dell’aggregazione dei comuni del dipartimento del Lario (decreto 4 novembre 1809 b), il comune denominativo di Laorca, con una popolazione di 1.440 abitanti complessivi e comprendente i comuni aggregati di Ballabio inferiore, Ballabio superiore, Laorca e uniti, era inserito nel cantone I di Lecco del distretto IV di Lecco, nel quale fu confermato con il successivo compartimento territoriale del dipartimento del Lario (decreto 30 luglio 1812).

1816 - 1859

Con l’attivazione dei comuni della provincia di Como, in base alla compartimentazione territoriale del regno lombardo-veneto (notificazione 12 febbraio 1816), il comune di Laorca con Malvero fu inserito nel distretto XI di Lecco. Con il dispaccio governativo 14 marzo 1822 n. 4641/668 fu autorizzata la sostituzione, nel comune di Laorca, del consiglio comunale al convocato generale (Variazioni compartimento provincia di Como, 1816-1835).

Laorca con Malvero, comune con convocato, fu confermato nel distretto XI di Lecco in forza del successivo compartimento territoriale delle province lombarde (notificazione 1 luglio 1844).

Nel 1853 (notificazione 23 giugno 1853), Laorca con la frazione Malvero, comune con consiglio comunale senza ufficio proprio e con una popolazione di 967 abitanti, fu inserito nel distretto X di Lecco.

1859 - 1923

In seguito all’unione temporanea delle province lombarde al regno di Sardegna, in base al compartimento territoriale stabilito con la legge 23 ottobre 1859, il comune di Laorca con 998 abitanti, retto da un consiglio di quindici membri e da una giunta di due membri, fu incluso nel mandamento I di Lecco, circondario III di Lecco, provincia di Como. Alla costituzione nel 1861 del Regno d’Italia, il comune aveva una popolazione residente di 1.092 abitanti (Censimento 1861). In base alla legge sull’ordinamento comunale del 1865 il comune veniva amministrato da un sindaco, da una giunta e da un consiglio. Nel 1867 il comune risultava incluso nello stesso mandamento, circondario e provincia (Circoscrizione amministrativa 1867).

Popolazione residente nel comune: abitanti 1.168 (Censimento 1871); abitanti 1.417 (Censimento 1881); abitanti 1.841 (Censimento 1901); abitanti 1.962 (Censimento 1911); abitanti 1.779 (Censimento 1921). Nel 1923 il comune di Laorca venne aggregato al comune di Lecco (R.D. 27 dicembre 1923, n. 3121).

Parrocchia dei Santi Pietro e Paolosec. XVII - [1989]

Parrocchia della diocesi di Milano. Cappella curata nel 1566 (Palestra 1984), nel 1608, al tempo della visita pastorale dell’arcivescovo Federico Borromeo alla pieve di Lecco, la chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo, futura sede parrocchiale, risultava ancora viceparrocchiale, ’nuper constructa’ e non ancora consacrata. La popolazione era di 450 abitanti, di cui 309 comunicati. Nella chiesa viceparrocchiale era stata istituita la confraternita del Santissimo Sacramento, già nel 1566, al tempo della visita pastorale di Carlo Borromeo. A questa confraternita erano state comunicate le indulgenze di cui godeva l’arciconfraternita del Santissimo Sacramento della chiesa di Santa Maria sopra Minerva di Roma, come risultava dalle lettere patenti della sua stessa istituzione o erezione, datate Roma 9 giugno 1604 e confermate a Milano il 10 agosto 1604. Entro i confini della cura di Laorca si avevano la chiesa di San Giovanni Crisostomo e l’oratorio di Sant’Antonio in Malavedo (Marcora 1979). Laorca fu eretta in parrocchia nel corso del XVII secolo (Palestra 1984). La data della fondazione potrebbe collocarsi intorno al 1632 (DCA, Lecco).

Nel 1746, durante la visita pastorale dell’arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli nella pieve di Lecco, nella chiesa parrocchiale dei Santi apostoli Pietro e Paolo di Laorca si aveva la confraternita del Santissimo Sacramento unita alla confraternita della Beatissima Vergine Maria del Monte Carmelo. Il numero dei parrocchiani era 507, per un totale di 118 famiglie, di cui 387 comunicati. Entro i confini della parrocchia di Laorca esistevano l’oratorio di San Giovanni Battista e l’oratorio di Sant’Antonio abate nel territorio di Mallaverio. Era istituita una causa pia consistente in un legato lasciato da Simone della Crotta, costituito da alcuni beni nel territorio di Mandello, con l’obbligo di distribuire l’annua rendita ai poveri di Laorca, come da atto rogato da Alessandro “Airoldus” il 23 ottobre 1600 (Visita Pozzobonelli, Pieve di Lecco).

Verso la fine del XVIII secolo, secondo la nota specifica delle esenzioni prediali a favore delle parrocchie dello stato di Milano, la chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo di Laorca possedeva fondi per 1.1 pertiche; il numero delle anime, conteggiato tra la Pasqua del 1779 e quella del 1780, era di 621 (Nota parrocchie Stato di Milano, 1781). Nella coeva tabella delle parrocchie della città e diocesi di Milano, la rendita netta della parrocchia di Laorca assommava a lire 359.10; la nomina del titolare del beneficio parrocchiale spettava all’ordinario (Tabella parrocchie diocesi di Milano, 1781).

Nel 1897, all’epoca della prima visita pastorale dell’arcivescovo Andrea Carlo Ferrari nella pieve di Lecco, il reddito del beneficio parrocchiale assommava a lire 500.58. Entro i confini della parrocchia di Laorca si avevano l’antica chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista ai Morti, all’epoca oratorio dei confratelli, e l’oratorio di Sant’Antonio abate in Malavedo. Nella parrocchia di Laorca si aveva la confraternita del Santissimo Sacramento, fondata nell’oratorio di San Giovanni Battista ai Morti sotto il titolo della Beata Vergine del Carmine. Il numero dei parrocchiani era di 1500 unità (Visita Ferrari, I, Pieve di Lecco).

Nel XIX e XX secolo la parrocchia di Laorca è sempre stata inclusa nella pieve e nel vicariato foraneo di Lecco, nella regione V della diocesi, con la revisione della struttura territoriale attuata tra il 1971 e il 1972 (decreto 11 marzo 1971) (RDMi 1971) (Sinodo Colombo 1972, cost. 326) è stata attribuita al decanato di Lecco nella zona pastorale III di Lecco.

Confraternita del Santissimo Sacramento - sec. XVIII

Fondata nella chiesa parrocchiale dei Santi apostoli Pietro e Paolo di Laorca ed unita alla confraternita della Beatissima Vergine Maria del Monte Carmelo, venne censita nel 1746 durante la visita pastorale dell’arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli nella pieve di Lecco (Visita Pozzobonelli, Pieve di Lecco).

Confraternita della Beatissima Vergine Maria del Monte Carmelo - sec. XVIII

Fondata nella chiesa parrocchiale dei Santi apostoli Pietro e Paolo di Laorca ed unita alla confraternita del Santissimo Sacramento, venne censita nel 1746 durante la visita pastorale dell’arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli nella pieve di Lecco (Visita Pozzobonelli, Pieve di Lecco).